La porchetta, un piatto originario del Lazio, è ormai apprezzata in tutto il mondo.
Sembra anche che già nel periodo romano l’imperatore di turno prediligesse questa pietanza e ne facesse grande uso nei suoi sontuosi banchetti.
Se tenessimo in considerazione il valore iconografico e storico, sarebbe obbligatorio ricordare come la porchetta abbia avuto dei natali illustri.
Infatti, sono state ritrovate delle statue che raffiguravano divinità con un maialino nel palmo della mano.
La preparazione di questo prodotto costituisce l’eredità di una cultura millenaria, probabilmente nativa in epoche pre-romane, di cui rimane depositaria l’area di Ariccia ed il suo “nemus Aricinum” dei Castelli Romani.
Forse la tradizione risale agli Etruschi e riprende nella grande letteratura enogastronomica del ‘400 e del ‘500.
Nel 1802 il tedesco Johann Gottfried Seume, autore del libro “L’Italia a piedi”, passando per Ariccia manifestò il proprio disappunto per il principe Chigi, reo di aver fatto abbattere le querce secolari del suo parco per far pascolare meglio i porci bradi, progenitori delle famose porchette.
La storia della porchetta ad Ariccia
Nella storia di questa celebre portata la tradizione è stata tenuta a battesimo dalle vecchie generazioni di storici produttori.
Sono ancora tante “le famiglie storiche” di origini romane e laziali (o dei comuni limitrofi), che da decenni lavoravano con sistemi tradizionali, tramandandosi ritualmente di padre in figlio questa specialissima arte.
L’artigiano, detto “O Porchettaro”, sceglie un suino di meno di un anno, esclusivamente di sesso femminile, dal peso di 70-80 chilogrammi massimo, facendolo nel tradizionale momento rituale della “Verga”.
Sebbene il suo gusto evochi una complessità di sapori inconfondibili, la porchetta non è altro che un maiale intero disossato e condito con spezie e aromi vari come pepe, rosmarino (sostituito, come vedremo, dal finocchietto selvatico in alcune zone di produzione) e salvia, poi cotto in forno dalle 5 alle 8 ore per apparire sotto forma di grosso cilindro avvolto da uno strato di cotenna croccantissima.
Accade spesso che, nel ricercare la provenienza degli innumerevoli prodotti offerti dal nostro patrimonio gastronomico, entrino in conflitto una o più regioni (o città) che ne rivendicano la paternità.
Onestamente, il luogo di elaborazione della ricetta originaria è tutt’oggi incerto: per quanto gli abitanti di Ariccia si eleggano assoluti inventori della porchetta, c’è da dire che anche a Norcia – in Umbria – e nell’alto Lazio compaiono testimonianze antichissime sulla preparazione.
È per questo che fondamentalmente esistono due varietà distinte: quella della Toscana meridionale, dei Castelli Romani, dell’Abruzzo (come la particolare porchetta di Campli) e di altre aree del centro Italia si aromatizza con il rosmarino; quella diffusa in Umbria, nell’alto Lazio, nelle Marche e in Romagna prevede invece l’uso del finocchietto selvatico che le conferisce un aroma particolare e riconoscibile (come le porchette di Soriano nel Cimino, Bagnaia, Vignanello, Vallerano e Sutri – tutte località della Tuscia viterbese – e di Costano, in Umbria).
La porchetta di Ariccia, una delle località più conosciute dei Castelli Romani, alle porte della Capitale, è la vera regina di osterie e delle tipiche “fraschette”, simbolo di veracità e spensieratezza evocate da questi luoghi così caratteristici.
Oltre a essere di una bontà sopraffina, è l’unica tipologia di porchetta che può fregiarsi del marchio Igp (Indicazione Geografica Tipica), ottenuto nel 2011.
La reputazione contemporanea della “Porchetta di Ariccia” risale al 1950 quando i porchettari di Ariccia allestirono la prima “Sagra della Porchetta di Ariccia”, con lo scopo di celebrare questo prodotto tanto gustoso quanto all’epoca già noto.
Da allora ogni anno ad Ariccia si svolge questa manifestazione suggestiva e caratteristica dove viene offerta la porchetta su banchi addobbati a festa da venditori vestiti con gli abiti tradizionali ariccini.
Testimonianza ne è l’“Estratto dal Registro degli atti della Giunta Comunale, del 14 settembre 1962, relativo al contributo per la festa della Patrona S. Apollonia e della Sagra della Porchetta”, trovato negli archivi del Comune di Ariccia, a dimostrazione dell’importanza pluridecennale che la Porchetta di Ariccia I.G.P. ha nelle tradizioni popolari locali.
A proposito della sagra, Vincenzo Misserville, nel 1958, nella rivista “I castelli Romani – Vicende, Uomini, Folclore” scrisse:
“Tra le numerose sagre dei Castelli Romani, quella ariccina “della Porchetta e del Pane casareccio” è forse l’unica che, per il suo carattere di semplicità paesana, giustifica il suo appellativo: persino nella denominazione essa ha un sapore schiettamente casalingo”.
Forse questa particolarità è dovuta al clima di tipo temperato-marittimo con influssi mediterranei tipico di questo territorio, costituito da un gruppo di alture, coperte da una fitta vegetazione costituita principalmente da castagno, leccio, roverella, cerro, carpino nero, bagolaro, pioppo nero, salice bianco, l’aria silvo-marina associata all’azione dei venti concorrono positivamente sulla lavorazione: in particolare, nell’ambito della fase di raffreddamento, l’azione di venti garantisce una graduale e uniforme riduzione del contenuto di umidità determinando il mantenimento della crosta croccante e favorendo il caratteristico colore roseo della carne.
Una vera primizia della tradizione culinaria italiana, che regala al palato di chi l’assaggia un’esplosione inimitabile di sapori e di gusto.
TIPOLOGIE DI PORCHETTA
Tuttavia, alcuni aromi dipendono dalla zona di produzione.
Che sia aromatizzata al rosmarino oppure al finocchio, la porchetta si commercializza intera, in tronchetto (ovvero la parte tra la terza vertebra dorsale e l’ultima vertebra lombare del suino), in tranci o a fette.
CARATTERISTICHE NUTRIZIONALI DELLA PORCHETTA
Dal punto di vista nutrizionale, la porchetta è un alimento molto energetico e ricco di calorie. Questo è dovuto principalmente alla presenza di grassi e di proteine. Contrariamente a quello che si pensa, non è la cotenna ad essere la fonte di tutti i grassi (anche perché in realtà sostanzialmente contiene proteine). La vera origine della maggior parte dei grassi della porchetta è nella porzione appena sotto la cotenna, dall’inconfondibile colore biancastro.
A seconda della porzione di maiale che si sta mangiando, 100 grammi di porchetta valgono tra le 300 e le 450 calorie.
CONSERVAZIONE E UTILIZZO DELLA PORCHETTA IN CUCINA
Una volta acquistata, la porchetta deve essere conservata a temperatura ambiente, in un luogo fresco, avvolta nel suo cartoccio, per poi essere consumata in giornata.
La porchetta si consuma tradizionalmente nei panini imbottiti, come cibo da strada, nella pizza da forno, tipica di Roma, o nel pane arabo; nei Castelli Romani è consuetudine servirla col pane di Genzano.
Può anche essere cucinata secondo una ricetta tradizionale che prevede di ripassarla in padella con olio, pomodorini e aglio.
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